"GIARDINI", CASINI, VILLE E MASSERIE NELLA VALLE DELLA CUPA |
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Nel corso del Settecento nuclei di residenze suburbane si concentrano in alcune porzioni del territorio fra le più fertili di Puglia dando luogo a insediamenti che costituiscono un vero e proprio sistema. Le aree scelte sono quelle caratterizzate dalla fertilità del terreno e dal clima favorevole alle colture, tra queste, la depressione carsica della Cupa storicamente sito privilegiato per la “salutevole sua aria”.
Contestualmente, i processi di riorganizzazione agricola e di riconversione dei feudi improduttivi o macchiosi, la crisi del settore olivicolo e un accresciuto interesse per la produzione vinicola, che richiederà particolari cure e, più in generale, la maggiore attenzione per le colture legnose a scapito del seminativo, favoriranno il trasferimento dei proprietari per lunghi periodi nella loro residenza di campagna per un controllo diretto ed efficace delle attività agricole. Questo fenomeno determinerà il ridisegno e la riorganizzazione del paesaggio agrario con la proliferazione di ville e casini che si affiancano e talvolta si sostituiscono alle antiche masserie.
Il casino, documentato sin dal Seicento, si diffonde soprattutto nella seconda metà del Settecento, come dimora stagionale a scopo di villeggiatura e di cura, identificando allo stesso tempo un nuovo rapporto tra proprietari e contadini. Si realizza, molto spesso, sopraelevando il cosiddetto “giardino”, un semplice fabbricato pianterreno con uno o due vani a funzione abitativa per la famiglia del giardiniere. Generalmente una o due camere da letto e un soggiorno molto ampio, con alcuni locali per riporre gli attrezzi da lavoro e una stalla dove i pochi animali vengono allevati con erbe e verdure qui coltivate; il “giardino”, anche come significato letterale, identifica i terreni di pertinenza generalmente di esigua estensione. La tipologia del casino, generalmente un fabbricato a due piani, spesso con scenografiche scalinate e un loggiato al piano nobile, associa la casa del lavoratore alla dimora padronale senza palesare, nell’organizzazione di facciate e volumi, la distinzione fra le due “zone sociali”, al contrario della casina o della villa dove a prevalere è la residenza stagionale del proprietario, fino a mascherare l’alloggio del contadino o del giardiniere. In questo contesto, masserie e piccole costruzioni rurali vengono ampliate o riadattate sulla base delle nuove esigenze abitative e produttive e, ridisegnate secondo un gusto tardo barocco con un’attenzione particolare rivolta al prospetto. Cappella e pozzo, molto spesso a corredo dell’impianto, attestano l’originario ruolo dell’insediamento che, sfruttando un sito privilegiato, si presta alla doppia funzione di dimora contadina e residenza per la villeggiatura.
Non di rado si assiste ad una commistione fra villa e casino, tanto da renderne difficile qualsiasi distinzione: i due termini vengono usati indifferentemente, tanto che la villa è spesso soltanto una modesta dimora extraurbana appena impreziosita da qualche elemento decorativo di coronamento o dalle monumentali colonne di ingresso, mentre il casino che farebbe pensare ad una modesta costruzione, assume i connotati di una sontuosa ed elegante residenza campestre.
Le Masserie
Espressioni tipiche del paesaggio rurale, per il ruolo storico e come elemento significante d’architettura e trasformazione del territorio, sono le masserie. Etimologicamente il termine masseria (massaria nei documenti di archivio) assume in Italia meridionale un’accezione molto ampia, accomunando non di rado tutte le forme di insediamento rurale, dai modesti fabbricati appena provvisti di qualche recinto per gli animali, ai grandi complessi rustici. Rapportato al significato originale e al concetto di massa che, nel latino classico indica blocco, riunione, il termine trova riscontro soltanto in quelle strutture più ampie dell’habitat rurale facenti parte dell’insieme di fondi rustici comunemente affidati al governo di un massaro.
La masseria nasce, appunto, come insediamento di tipo padronale di organizzazione del latifondo ed ha all’origine una specifica valenza funzionale in relazione alle colture e alle attività storicamente dominanti nel territorio. Specificità che con la parcellizzazione della grande proprietà e l’introduzione di colture diversificate si è col tempo perduta attraverso vari adattamenti, che consentiranno l’inserimento di funzioni legate alle nuove esigenze. La massa compatta di tali edifici, in alcuni casi conservati nell’assetto originario, segna il paesaggio rurale della Cupa in maniera significativa, tanto più che la stessa funzione di controllo al centro del feudo le determina spesso un’ubicazione isolata e baricentrica nel territorio.
L’esigenza di realizzare queste singolari architetture è databile al XVI secolo, contestualmente ai saccheggi e alle incursioni di cui la penisola salentina sarà oggetto: il piano di difesa del territorio voluto da Carlo V, determinerà la costruzione di strutture difensive sia lungo la costa che nell’entroterra mediante la realizzazione di torri e fortificazioni; da qui le origini della masseria fortificata che nella maggior parte dei casi si configura come torre-masseria assumendo in seguito connotazioni e organizzazioni più evolute in relazione a nuove esigenze produttive e alla fine delle incursioni.
Dall’impianto recintato si passa alla corte chiusa, una tipologia certamente più rispondente alla struttura sociale della masseria, nel cui interno le varie attività agricole e familiari entrano in relazione. In questi impianti l’abitazione del massaro o del fittavolo si arricchisce di una serie di connotazioni che sono proprie dell’architettura urbana. L’edificio turriforme, posto normalmente al centro del prospetto, lascia a piano terra un vano carraio che mette in comunicazione la campagna con la corte e si configura, quindi, come un sottoportico(il cosiddetto sappuertu): un androne passante, comune negli edifici palazzati dell’architettura cittadina e presente soprattutto nelle dimore a corte di molti centri abitati. La simmetrica disposizione di altri vani a primo piano, quasi sempre di epoca successiva, definisce la tipica dimora rurale, dove l’edificio torre è sempre facilmente individuabile.
È la tipica “masseria turrita” con un complesso edilizio caratterizzato sempre da un elemento più alto, la torre appunto, e, al piano superiore, l’abitazione del massaro o la dimora stagionale del proprietario. Una tipologia, questa, che segna il passaggio dalla torre-masseria alla masseria compatta, meglio conosciuta come masseria-casino, dove, l’androne passante che nella masseria tradizionale è soltanto un vano carraio che immette alla corte, assumerà in seguito la funzione di locale di accesso al giardino chiuso, all’abitazione del contadino e alla scala che conduce alla dimora stagionale del proprietario. È in questa fase di prosperità che si diffondono due elementi caratterizzanti il paesaggio rurale salentino: la torre colombaia e l’apiario.
Beni di riferimento
ARNESANO: casini Monaci e Spadà; ville Milo, Nuera, Paladini e Materdomini
MONTERONI: casino Corallo; ville Saetta e Cerulli Bozzicorso
SURBO: masserie Melcarne, Le Schiavelle
CAVALLINO: Masseria Nsarti
LIZZANELLO: Masseria Li Lei
Bibliografia
- Vincenzo Cazzato-Andrea Mantovano, Giardini di Puglia, Congedo Editore, Galatina, 2010
- Antonio Costantini, Guida ai monumenti dell’architettura contadina del Salento, Congedo Editore, Galatina, 1996.
- Antonio Costantini, Guida alle Masserie del Salento, Congedo Editore, Galatina
- Antonio Costantini (a cura di), Architettura e Paesaggio rurale nell’area della Cupa, Editrice Salentina, Galatina, 1997
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